Vai al contenuto

Google e Facebook: possono accumulare dati da app di terze parti

Google e Facebook: possono accumulare dati da app di terze parti

Quasi il 90% delle app gratuite presenti sullo store di Google trasmette i dati personali degli utilizzatori ad Alphabet, la compagnia a cui fa capo la stessa Google e le altre società del gruppo. Lo ha scoperto uno studio dell’università di Oxford, pubblicato sul sito Arxiv, secondo cui ormai il problema della gestione dei dati personali è ‘fuori controllo’. Infatti aziende come Google e Facebook possono prelevare enormi quantità di dati da app di terze parti sugli smartphone delle persone.

I ricercatori hanno analizzato 959mila app dagli store Google Play in Gran Bretagna e Usa, trovando che l’88,4% ha qualche meccanismo, in gergo chiamato ‘tracker’, che comunica i dati personali ad Alphabet. Nel 42,5% dei casi i dati finiscono a Facebook, nel 33,8% a Twitter, nel 26,3 a Verizon, nel 22,7% a Microsoft e nel 17,9% ad Amazon. Le informazioni diffuse riguardano età, sesso, posizione geografica, e quelli sul dispositivo usato, come le altre app installate. La compagnia, riporta il Financial Times, ha contestato la metodologia e le conclusioni dello studio, ricordando che le regole interne proibiscono utilizzi ‘opachi’ dei dati.

I ricercatori hanno affermato che questo tipo di dati “consente la costruzione di profili dettagliati sugli individui, che potrebbero includere inferenze sulle abitudini di acquisto, sulla classe socio-economica o sulle probabili opinioni politiche”. Hanno aggiunto: “Questi profili possono quindi essere utilizzati per una varietà di scopi, dalla pubblicità mirata al punteggio di credito e ai messaggi di campagne politiche mirate”. Sempre in questi giorni ad esempio un’inchiesta del sito BuzzFeed News ha rivelato che alcune compagnie ‘fantasma’ sempre sullo store di Android hanno truffato centinaia di milioni di dollari agli inserzionisti facendo loro credere che i messaggi pubblicitari venivano visti da persone reali mentre erano invece dei ‘bot’, delle intelligenze artificiali che simulavano utenti veri.

Alcuni generi di app erano più intensivi del monitoraggio di altri. “In particolare, le app di notizie e le app destinate ai bambini sembrano essere tra le peggiori in termini di numero di tracker di terze parti ad esse associati”, afferma il documento. Le app rivolte ai bambini sollevano alcuni problemi legali particolarmente spinosi relativi al tracciamento dei dati, che il documento chiarisce nella sua conclusione. “Alcune delle pratiche che potrebbero essere coinvolte – come consentire la profilazione di bambini senza tentare di ottenere il consenso dei genitori – possono essere decisamente illegali”, ha detto.

Facebook è il social network più visitato ad oggi. Ad oggi conta 2 miliardi di iscritti nel mondo e 35 milioni di utenti attivi solo in Italia. La sua potenzialità risiede nell’essere una rete sociale di condivisione di video, immagini e profili. Attualmente si sta evolvendo in un motore di ricerca più performante dello stesso Google. È naturale pensare che il potere di Facebook sia strettamente correlato alla nostra vita. La sua azione principale è trovare. Ancora meglio, portare le persone a interagire a tutti i costi. Condividere, commentare, mettere like.

In questo modo lasciamo scoprire desideri e bisogni, concimando terreno fertile per tutte quelle aziende che stanno sviluppando un marketing pubblicitario sempre più improntato ai reali bisogni della gente. È così che guadagna Facebook: raccoglie dati, offre pubblicità mirata, fornisce annunci pertinenti e interessanti per l’utente specifico. E fa di più. Prendendo spunto da Google, permette la traduzione automatica di tutti i testi in lingua straniera, raggiungendo un bacino di utenza sempre maggiore. Il tracciamento di terze parti è l’esempio perfetto che mostra quanto sia diventato impossibile per qualsiasi utente medio capire appieno cosa sta accadendo ai propri dati, o prendere il controllo dei propri dati. I modi in cui Google, Facebook tracciano le persone sulla maggior parte delle app che usano,  sono semplicemente eccessivi. Non si tratta più della necessità di raccogliere dati per mostrare” annunci pertinenti “Si tratta di massimizzazione del profitto a scapito dei diritti fondamentali delle persone.