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Personalizzazione e privacy. Agire con discrezione

Personalizzazione e privacy. Agire con discrezione

A cura di Ivano Fossati*
Offrire ai consumatori l’esperienza che desiderano, dove e quando vogliono è l’imperativo dell’economia digitale, in cui i clienti chiedono che prodotti e servizi siano sempre personalizzati. Le aziende hanno dunque adottato strategie di personalizzazione come strumento per fidelizzare i clienti e acquisirne di nuovi. Questo scenario ideale nasconde però qualche insidia. La personalizzazione, infatti, va di pari passo con il rischio di minacciare il fattore più importante in una relazione con il cliente: la fiducia.

Non essere invadenti

Affinché la personalizzazione sia effettuata con criterio, i brand devono raccogliere informazioni dettagliate sui clienti. Ma quando un’offerta mirata invade lo spazio personale, quella che poteva essere una esperienza di acquisto eccezionale si rivela improvvisamente odiosa.
Il problema diventerà sempre più serio con la diffusione della connettività digitale e l’aumento dei dati che i clienti generano con le loro attività, sia che si tratti di allenarsi con un fitness tracker connesso o di fare la spesa ordinandola direttamente dal frigorifero connesso con l’Internet of Things.
Come fanno a sapere tutte queste cose su di me? Come fanno a sapere che ieri ho camminato 10.000 passi? Come fanno a sapere che sto per terminare i pomodori? Le mie informazioni personali sono caricate su qualche server visibile a tutti?
Più i clienti mettono la loro vita di tutti i giorni sotto la lente digitale, più i marketer sono in grado di conoscere intimamente i loro bisogni e quindi di attuare strategie personalizzate. Ma allo stesso tempo si amplifica il rischio di infastidire il cliente. Dopo tutto nessuno vuole che la propria vita sia sorvegliata da un grande fratello.
Su questo fronte i consumatori sono facilmente irritabili: quando si domanda loro se sono disposti a cedere informazioni personali, molti si rifiutano. Il nostro 2017 SAP Hybris Consumer Insights Report ha rivelato che una buona fetta di consumatori dell’area APAC prova disagio nel condividere le proprie preferenze, i dettagli sugli acquisti passati, (51%) oppure l’indirizzo email (42%).
La posta in gioco per i brand è alta per quanto concerne l’uso corretto dei dati. In base allo studio, la maggioranza (78%) dei consumatori APAC sceglierebbe di non acquistare più i prodotti di un brand se scoprissero che i dati su di loro sono stati usati senza il loro consenso.

Creare fiducia e valore

Quindi, se da un lato offrire un’esperienza individualizzata è positivo, dall’altra è chiaro che le imprese devono usare i dati sui loro clienti con attenzione, evitando di far percepire che la loro privacy è stata violata. I brand devono quindi agire con cautela quando attuano strategie di personalizzazione e rispettare i confini tra loro e i propri clienti.
Per questo le aziende devono dimostrare di meritare la fiducia del cliente, prima di lanciarsi in strategie di personalizzazione.
La relazione tra brand e cliente si basa su due componenti. La prima è la fiducia che spinge il cliente a pensare che l’azienda sia in grado di fornire ottimi prodotti o servizi. L’altra è la benevolenza, per cui i clienti pensano che l’azienda sia disposta a considerare i loro interessi prima ancora dei propri. Nella creazione della fiducia, la benevolenza è importante soprattutto quando si parla di personalizzazione.  Le aziende dimostrano benevolenza quando offrono policy chiare e comprensibili riguardo alla raccolta e all’utilizzo dei dati. Tale chiarezza deve poi essere trasmessa al consumatore. La principale aspettativa da parte dei consumatori APAC (67%) è che i brand proteggano i loro interessi quando si tratta di usare i dati personali.
Naturalmente il paradosso della personalizzazione e della privacy online sono problemi di una certa consistenza. I clienti continueranno a preoccuparsi della propria privacy fintantoché continueranno i furti di dati e le loro mailbox saranno inondate da offerte irrilevanti o addirittura offensive. Ma puntare sulla fiducia è l’inizio della soluzione.
Una volta stabilita la fiducia, la personalizzazione deve offrire un valore reale. Valore che potrebbe derivare, ad esempio, da servizi utili o sconti. La chiave consiste nel non superare quella linea invisibile tra cool e irritante, come quella volta in cui Target ha inviato buoni sconto per i pannolini a un’adolescente incinta prima ancora che i genitori sapessero della gravidanza.

Personalizzazione fatta come si deve

Quando un’azienda inizia a costruire e proporre esperienze personalizzate è necessario predisporre un sistema rigoroso per evitare di apparire invasivi e irritanti. Una personalizzazione ben fatta si camufferà alla stregua di una customer experience eccezionale.
Indubbiamente le ultime innovazioni nel CRM offrono un ampio potenziale alle aziende che vogliono realizzare il giusto mix tra personalizzazione e privacy per mezzo di strumenti quali chat bot, intelligenza artificiale e scienza dei dati. Le soluzioni e gli strumenti che permettono alle aziende di instaurare conversazioni sincere e conquistare la fiducia dei clienti esistono.
Marketer: simpatizzate, ma senza esagerare. Trovate questo delicato equilibrio e sarete sulla strada giusta per conquistare il vostro premio nel gioco della personalizzazione: la fedeltà del cliente.
*Business Development Director, Director EMEA Center of Excellence di SAP Hybris