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Lavazza al passo con i tempi. E parla lo slang dei giovani: il digitale

Lavazza al passo con i tempi. E parla lo slang dei giovani: il digitale

A cura di Mattia Gandini
A noi di Dcommerce il caffè piace ristretto, e amaro. Come lo beve Andrea Beloni, head of Digital del Gruppo Lavazza, non lo sappiamo, ma sono altre le domande a cui ha risposto. Abbiamo parlato di subscription economy, della strategia digitale del Gruppo e della nuova piattaforma ecommerce, realizzata con SAP Hybris.
Iniziamo da una domanda scomoda. Perché aprire uno shop online quando i prodotti Lavazza sono già presenti nei principali aggregatori italiani (Amazon Pantry, Eataly, Supermercati24, etc.)? Qual è la strategia dietro il lancio del nuovo store Lavazza?
Il progetto non consiste solamente nell’aprire un nuovo shop online, anche perché era già presente. Non ci siamo limitati a rinnovare qualcosa di esistente, ciò che è stato fatto è una completa ristrutturazione del nostro ecosistema digitale, dall’organizzazione dei contenuti fino alla selezione di tutte le piattaforme tecnologiche, e dei migliori partner con cui realizzarle.
Gli obiettivi strategici dietro questa scelta sono due. In primis vogliamo costruire una relazione diretta con i nostri consumatori finali, conoscerli meglio e offrire loro un’esperienza sempre più personalizzata, oltre che diventare rilevanti anche su un target giovane. A oggi abbiamo una quota molto alta, siamo i leader di mercato, ma è concentrata su un pubblico più adulto, abbiamo bisogno di parlare direttamente con i più giovani.
Abbiamo quindi messo in atto una strategia per l’ecommerce su tre canali, con ruoli diversi ma complementari l’uno all’altro. Un canale diretto, la presenza nei siti di principali retailer fisici e nei marketplace, come ad esempio Amazon. Il motivo principale che sta dietro alla scelta di aprire il canale diretto è instaurare una relazione diretta con i consumatori finali; relazione che non abbiamo mai avuto in quanto, come spesso accade ai brand del Food&Beverage, è sempre stata intermediata da altri attori, dai partner commerciali, in particolare dalla GDO. Abbiamo costruito un sito che unisse il racconto di marca e un percorso di esperienza d’acquisto e che fosse il più semplice e intuitivo possibile. Pensiamo infatti che il consumatore, che abbiamo messo al centro, è uno e ora vive un’esperienza digitale con la marca dove può sia informarsi che decidere di acquistare.
Un altro aspetto importante è il marketing multicanale, che ci permette di creare dei percorsi incrociati tra online e offline. Non abbiamo di certo la pretesa di sostituirci, in termini di volumi, al canale offline, ma quello di avere un ruolo complementare e che ci permetta di raccogliere i dati dei clienti, utili per instaurare una relazione con loro.
Acquistando dal sito online è possibile sottoscrivere un abbonamento per l’invio dei prodotti. Pensi che la subscription economy possa essere un volano per l’ecommerce italiano?
Credo che i modelli a subscription stiano riscuotendo in questo momento un successo nei settori più disparati, dall’entertainment, in particolare, fino a tutti i servizi di food&grocery delivery, tra cui anche, ad esempio, Amazon Pantry e Cortilia. Penso che sia uno strumento interessante per un brand perché permette di creare delle offerte di maggior valore per l’utente, in quanto si esce da una logica di acquisto singolo e si lavora di più sul valore del cliente nella sua vita. Si riesce a investire maggiormente sui clienti stessi, lavorando sulla fedeltà. Il fatto di riuscire a costruire una relazione con i nostri clienti e a sottoporre loro contenuti, prodotti e offerte è per noi un’attività molto rilevante.
La piattaforma online è stata realizzata con l’aiuto di SAP Hybris. Come è nata la collaborazione e come avete sviluppato il progetto?
La caratteristica fondamentale di questo progetto è la profonda collaborazione, fin dalle basi, con il nostro dipartimento IT. Non è cosa scontata e, fino a poco fa, neanche consueta, ma è ciò che a mio parere fa la differenza, in quanto fa sì che sia IT che piattaforme, in questo caso SapHybris, non abbiano solo un ruolo esecutivo. Non arrivano alla fine del processo per mettere in pratica ciò che è stato definito, ma contribuiscono alla definizione di quelle che sono le funzionalità più importanti e tutte le opportunità dal punto di vista tecnologico, che possono essere trasformate in servizio e in esperienza per gli utenti. Quello che è successo nella pratica è che è stato fatto un assessment tecnologico dove sono state valutate diverse piattaforme; abbiamo infine scelto sapHybris perché è risultato la soluzione migliore per rispondere ai requisiti del nostro progetto. Da un altro punto di vista è stata la soluzione più compatibile con i nostri servizi legacy e anche dal punto di vista di roadmap evolutiva; mi spiego, quando si fa un progetto con questa ambizione di innovazione, è indispensabile trovare un partner su cui si ha la garanzia che continuerà a investire nel futuro per evolvere e mantenere sempre al passo con i tempi la piattaforma, e SapHybris lo è.
Quali sono state le principali criticità e difficoltà riscontrate durante la realizzazione dello shop?
Ci sono state due sfide principali, non tanto criticità. Innanzitutto è tutto nuovo, dalle piattaforme, alle agenzie ai processi, il modo di lavorare come anche le persone impegnate sul progetto. La volontà era costruire una piattaforma in cui tutte le componenti fossero integrate e ci permettessero di conoscere al meglio i nostri utenti per offrirgli un’esperienza migliore e costruita in base ai propri interessi, dal device che sta utilizzando in quel momento alle sue abitudini di consumo. Il tutto con ambizioni di innovazione e eccellenza massime.
La seconda sfida è stata quella di unire in un’unica esperienza digitale i contenuti di brand e l’acquisto. Una scelta fatta per mettere al centro l’utente, lo stesso consumatore interessato a conoscere il nostro brand e i prodotti, che può acquistare con soluzioni spesso molto più vantaggiose rispetto a altri canali (subscription, bundle). In futuro attiveremo anche partnership e co-marketing, che ci permetteranno di rendere ancora più interessante la nostra offerta.
Parliamo di marketing. Come seguite l’utente durante il percorso di acquisto e quali sono le azioni che fanno seguito al pagamento finale?
La personalizzazione è uno dei pilastri strategici del progetto. Puntiamo a raccogliere i dati degli utenti in maniera discreta e sempre con la finalità di restituire un servizio in cambio. Personalmente credo che questo sia un tema molto delicato e che tra la marca e l’utente venga stretto una sorta di patto nel momento in cui si raccolgono i dati. Questo resta valido e funziona solo se poi abilita a un servizio utile per l’utente. È vero anche che senza i dati noi saremmo fermi ai siti statici di 10 anni fa. Quindi ciò che abbiamo scelto di fare è quella che viene definita una conversational UI. Una user interface che permetta al brand di comunicare con l’utente in una maniera informale, senza essere invasivi. L’altro vantaggio è di essere contestuali, vale a dire che ci permette di porre delle domande all’utente, che gli propongono servizi e funzionalità diverse in base alla sezione del sito in cui si sta navigando o una fase del percorso d’acquisto in cui si trova l’utente. Di fatto si tratta di progressive profiling, ossia raccogliamo dati progressivamente e conosciamo gli utenti sempre meglio e senza costringerli a compilare dei form kilometrici. Più tornano sul sito e più lo navigano più hanno la possibilità di rispondere alle domande che gli facciamo, se lo vogliono, e ci permettono di offrirgli un’esperienza sempre più personalizzata e quindi più rilevante per ciascuno di loro.
Mentre dal punto di vista di upselling e cross-selling?
Da questo punto di vista abbiamo diverse funzionalità che vengono attivate, alcune di queste proprio derivanti da SapHybris. La piattaforma SapHybris infatti ci abilita a correlare i nostri prodotti tra loro, così da suggerire agli utenti diverse modalità di acquisto, che possono essere più convenienti o riferite a prodotti complementari. In questo modo il cliente non si trova mai a vedere un’offerta più completa o più accattivante dopo aver effettuato l’acquisto.
Quali sono i primi feedback che state ricevendo dai clienti?
Abbiamo deciso di costruire questo progetto non solo sulla base della nostra competenza e facendo ciò che ritenevamo giusto, ma mettendo sempre al centro i clienti che poi avrebbero fruito del servizio. Ci siamo quindi mossi su due binari; prima di lanciare il sito abbiamo condotto una ricerca focalizzata sulla UX. Il lavoro – effettuato in collaborazione con un importante istituto di ricerca – ci ha permesso di effettuare un’analisi comparativa non solo con il nostro vecchio sito, ma anche con siti che rappresentano un benchmark per tutto il settore. La ricerca ha visto poi due fasi, una qualitativa, condotta sul prototipo, con panel sia b2c che b2b, composto da clienti e non clienti, intervistati uno per uno. Si è trattato di un investimento importante che ci ha permesso di organizzare la piattaforma digitale prima del lancio, in base ai feedback degli intervistati. È seguita poi una fase quantitativa, condotta dopo il lancio. In questo caso abbiamo coinvolto oltre 1300 rispondenti, e i feedback riscontrati sono stati estremamente positivi, su diversi fronti. Dalla brand perception, alla navigazione stessa fino all’esperienza d’acquisto ma anche i contenuti editoriali.
Il secondo binario che ci permette di ottenere feedback è appunto quello del’analisi dei dati e delle performance, sui quali abbiamo fatto un forte investimento quest’anno, sia in termini di piattaforme che di competenze. Abbiamo identificato un partner, oltre al nostro personale interno, che ci supporta su tutto il mondo dei dati. Abbiamo delineato la nostra data strategy e implementato anche un tool di data visualization che ci permette di avere sempre sotto controllo la situazione.
Quindi i due binari sono stati la ricerca, con un inizio e una fine, e i dati, che vengono costantemente monitorati. Il processo di miglioramento è qualcosa di costante e tutto ciò che raccogliamo viene preso in considerazione per eventuali future modifiche.
Quanto potrà aiutare il mercato del Food & Grocery la crescita dell’ecommerce?
Personalmente credo che gli uni possano aiutare gli altri, moltissimo, e lo dimostrano anche i dati di mercato dell’ecommerce b2c in Italia ma anche a livello internazionale. Il volume d’affari del Food & Grocery è ancora poco sviluppato rispetto ad altri settori ma è quello che cresce di più. C’è molta strada da fare ma i segnali sono molto positivi. Inoltre, tra i nostri obiettivi strategici c’è quello di diventare più rilevanti per un pubblico giovane, l’ecommerce e la presenza sui canali digitali sono un elemento imprescindibile per costruire una relazione con questo target. In questo contesto non si può non parlare di omnicanalità, dove l’ecommerce ha un ruolo complementare a quello del retail fisco in quanto abilita relazioni tra brand e retail volte a servire un servizio e un’esperienza d’acquisto sempre migliore. Si andrà sempre più verso una sinergia tra online e offline.
Quale sarà il prossimo passo nella strategia digitale di Lavazza?
Lavazza è una Global Coffee Company, nel senso che abbiamo vissuto un periodo di trasformazione molto veloce e molto importante negli ultimi anni, e siamo passati dall’essere un’azienda espresso-centrica e Italia-centrica a essere presenti in 90 mercati e il 60% del nostro fatturato deriva dall’estero. Quindi è chiaro che il digital per noi è un importante abilitatore di business. Se nel 2017 abbiamo fatto lanciato il nuovo sito in Italia, in realtà è stato solo l’inizio di un percorso di rollout di questo sito che consiste nell’aprire in 45 paesi e 27 lingue. Il sito è, inoltre, solo una parte della nostra strategia digital e della piattaforma, che comprende progetti su altri tre ambiti, perlomeno per il 2018: sicuramente il crm al fine di costruire una relazione duratura con i nostri clienti. Poi c’è il tema della produzione di contenuti, perché per conquistare un target giovane abbiamo bisogno di raccontare storie che siano rilevanti per loro. Il terzo ambito fondamentale è poi quello dei dati, che ci abilitano a offrire esperienze personalizzate e a ottimizzare i nostri investimenti media.