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Bambini e Big Data: un rapporto inglese chiarisce quali sono gli effetti negativi

Bambini e Big Data: un rapporto inglese chiarisce quali sono gli effetti negativi

In Inghilterra, un rapporto del commissario per l’infanzia ha sollevato preoccupazioni su come i dati dei bambini vengano raccolti e condivisi a tutti i livelli, sia nel settore privato che in quello pubblico.

Nel rapporto, dal titolo Who knows what about me?, Anne Longfield esorta la società a “fermarsi a riflettere” su ciò che il reperimento dei Big Data significa per la vita dei bambini.

La cattura delle informazioni personali potrebbero portare ad una generazione svantaggiata, le cui possibilità di vita sono influenzate dall’impatto dei loro dati sull’infanzia, almeno secondo quanto descritto dal rapporto ufficiale.

L’impatto a lungo termine sulle informazioni riguardanti i profili quando questi bambini diventano adulti non è ancora noto, ma I bambini vengono derubati dei loro dati più sensibili non solo attraverso i social media, ma in molti aspetti della loro vita privata.

Per i bambini che crescono oggi e le generazioni che li seguono, l’impatto della profilazione sarà ancora maggiore, semplicemente perché ci sono più dati disponibili su di loro“.

Sempre il rapporto ufficiale definisce che quando un bambino di oggi avrà circa 13 anni, i suoi genitori avranno pubblicato in media 1.300 foto e video di loro su di lui tramite social media. Dopo di che, questa montagna di dati sarà destinata ad esplodere quando i bambini stessi inizieranno ad interagire con le piattaforme, pubblicando qualcosa sui social media circa 26 volte al giorno in media, ed accumulando un totale di quasi 70.000 post per i primi 18 anni.

Dobbiamo fermarci a riflettere su ciò che questo significa per la vita dei bambini e su come potrebbe avere un impatto sulle loro vite future una volta divenuti adulti“, avverte con estrema serietà Longfield. “Semplicemente non sappiamo quali saranno le conseguenze di tutte queste informazioni sui nostri figli. Alla luce di questa incertezza, dovremmo essere felici di continuare a collezionare e condividere per sempre i dati dei bambini?

I bambini e i genitori devono essere molto più consapevoli di ciò che condividono, considerando le conseguenze. Le aziende che realizzano app, giocattoli ed altri prodotti utilizzati dai bambini devono smettere di riempirle con tracker e inserire i termini e le condizioni in un linguaggio comprensibile ai bambini. E in modo cruciale, il governo deve monitorare la situazione e perfezionare la legislazione sulla protezione dei dati, se necessario, in modo che i bambini siano realmente protetti – specialmente con l’ulteriore sviluppo della tecnologia”.

Il rapporto esamina anche quali tipi di dati vengono raccolti sui bambini, dove e da chi, e come potrebbero essere utilizzati a breve e a lungo termine, quale sia il beneficio per i bambini stessi, ma anche quali sono i potenziali rischi negativi.

Dal punto di vista dei benefici, il rapporto cita una serie di idee ancora abbastanza sperimentali che potrebbero auspicare un uso positivo dei dati dei bambini – come ad esempio ispezioni mirate di servizi all’infanzia per concentrarsi su aree in cui i dati suggeriscono che ci sono problemi; l’utilizzo della Tecnologia NLP per accelerare l’analisi di grandi insiemi di dati (come il repository nazionale di riesame della NSPCC) per trovare temi comuni e comprendere “come prevenire i danni e promuovere risultati positivi”; un altro esempio è rappresentato da analisi predittive, che utilizzano i dati di bambini e di adulti per segnalare in modo più efficace quali sono i costi “potenziali”; e infine digitalizzare il registro dei bambini per i bambini stessi, al fine di rendere l’attuale documentazione cartacea più accessibile ai professionisti che lavorano con l’infanzia.

Ma mentre la Longfield descrive la crescente disponibilità di dati come un “enorme vantaggio”, è anche molto chiara sui grandi rischi che si stanno sviluppando: per la sicurezza, per il benessere, per lo sviluppo del bambino, per le dinamiche sociali, ma anche sul furto d’identità e sulla frode, ed infine sull’impatto a lungo sulla vita dei bambini dopo l’impatto tecnologico.

La trasparenza manca

Un chiaro punto di partenza del rapporto è che manca ancora una certa trasparenza sul modo in cui i dati dei bambini vengono raccolti e trattati, il che di per sé costituisce un ostacolo alla migliore comprensione dei rischi.

Se capiamo meglio cosa succede ai dati dei bambini dopo che sono stati presi, ad esempio chi li raccoglie, con chi sono condivisi e come si sono aggregati, allora avremmo una migliore comprensione di quali potrebbero essere le possibili implicazioni in futuro, ma ciò manca di trasparenza. La “trasparenza”, scrive Longfield, rappresenta il principio chiave definito nel nuovo solido quadro sulla privacy dell’UE, definita dal regolamento GDPR.

Il quadro aggiornato sulla protezione dei dati ha rinforzato anche le protezioni per i dati personali dei bambini in Europa, sebbene gli Stati membri dell’UE possano scegliere di inserire un limite di età inferiore nelle loro leggi, con un limite fisso fissato a 13 anni anziché 16.

Alcune app di social media mainstream, come Facebook e Snapchat, hanno risposto modificando i loro T & C  e i prodotti nella regione. (Anche se alcuni dei sistemi di consenso genitoriale introdotti per rivendicare il rispetto di GDPR sembrano banalmente facili da bypassare).

Ma, come sottolinea Longfield, l’articolo 5 del GDPR afferma che i dati devono essere “trattati in modo lecito, equo e trasparente nei confronti dei singoli”.

Tuttavia, quando si tratta di dati sui bambini, il commissario per l’infanzia afferma che in effetti la situazione è più complicata.

Di fatto, esistono numerose limitazioni con il GDPR, che riguardano proprio il punto di vista della protezione dei dati dei bambini.

Mentre una precisa disposizione, l’articolo 22, esiste ed afferma che i minori hanno il diritto di non essere assoggettati a decisioni basate esclusivamente sul trattamento automatizzato (inclusa la profilazione) se hanno effetti legali o simili su di essi.

Determinare se un processo decisionale automatizzato avrà effetti altrettanto significativi, è difficile da valutare visto che non comprendiamo ancora le piene implicazioni di questi processi – e forse anche più difficile da giudicare nel caso dei bambini,” sostiene Longfield.

Il grande problema è che c’è ancora molta incertezza su come l’articolo 22 funzionerà nei confronti dei bambini, perché la principale area di preoccupazione riguarderà eventuali limitazioni in relazione ai prodotti, ai servizi pubblicitari e alle pratiche associate di protezione dei dati”.

Quali sono le giuste raccomandazioni da seguire

Il rapporto fornisce infine una serie di raccomandazioni per i responsabili delle politiche, ai quali Longfield chiede alle scuole di “insegnare ai bambini come vengono raccolti e usati i loro dati e cosa possono fare per prendere il controllo dei loro dati”.

Inoltre, lo stesso governo viene sollecitato a prendere in considerazione l’introduzione di un obbligo per le piattaforme che utilizza: “Occorre un processo decisionale automatico per essere più trasparenti sugli algoritmi utilizzati e i dati inseriti in questi algoritmi, che riguardano i bambini di età inferiore a 18 anni”.

Il che, in sostanza, pone requisiti aggiuntivi su tutte le piattaforme di social media tradizionali per diventare più trasparenti sui macchinari di IA che vengono utilizzati per plasmare e distribuire contenuti sulle loro piattaforme, anche su vasta scala.

Sostiene inoltre che le aziende che si rivolgono ai prodotti rivolte ai bambini hanno molto più da spiegare:

Le aziende che producono app, giocattoli e altri prodotti destinati ai bambini dovrebbero essere più trasparenti su tutti i tracker che acquisiscono informazioni sui bambini. In particolare, laddove un giocattolo raccolga video o audio generati da un bambino, questo dovrebbe essere reso esplicito in una parte prominente dell’imballaggio o nelle relative informazioni di accompagnamento. Dovrebbe essere chiaramente indicato se qualsiasi contenuto video o audio è memorizzato sul giocattolo o altrove, e se viene trasmesso o meno su Internet. Se viene trasmesso, ai genitori dovrebbe anche essere detto se verrà crittografato o meno durante la trasmissione o se memorizzato, chi potrebbe analizzarlo o elaborarlo, e per quali scopi. I genitori dovrebbero chiedere se le informazioni fornite non risultano abbastanza chiare.

Un’altra raccomandazione per le aziende è che i termini e le condizioni dovrebbero essere scritti in una lingua che i bambini possano capire.

Un recente studio americano sulle app per bambini, effettuato da BuzzFeed News, ha evidenziato che i giochi su mobile, rivolti ai bambini, possono essere estremamente manipolativi.

Un problema chiave e contrastante con l’elaborazione dei dati è che tutto ciò risulta molto oscuro e per niente trasparente. Applicato in background, solo eventuali danni sono di gran lunga meno visibili nell’immediato, perché solo il processore di dati sa veramente  cosa stia facendo con le informazioni delle persone, e quindi anche con quelle delicatissime dei bambini.

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