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Tiger: da ombrellaio a re dell’oggettistica, un impero che si estende dagli Stati Uniti al Giappone

Tiger: da ombrellaio a re dell’oggettistica, un impero che si estende dagli Stati Uniti al Giappone

Flying Tiger Copenaghen (questo il nome per intero) è nata in Danimarca nel 1995, per poi iniziare a mettere bandierine in ogni parte del mondo. La catena di negozi di oggettistica varia ed eventuale — 17 categorie di prodotto, dal cibo all’ufficio, dalla casa alla cura della persona — da qualche anno sta colonizzando anche l’Italia e lo fa con approccio sempre più consistente. Niente è più necessario del superfluo. Un copri scarpe da pioggia a pois? Un mini-estintore che spruzza acqua? Un poggia occhiali a forma di labbra, o una borsetta a forma di fragola? Chi non vorrebbe una sola di queste cose, di sicuro non è mai stato da Tiger: impossibile uscirne a mani vuote.

Il primo negozio in Italia è stato aperto a Torino, nel 2011. Dopo qualche mese dello stesso anno arrivò Milano e poi via, in tutta la penisola. Lennart Lajboshitz, 56 anni, danese, è il fondatore della catena di negozi Tiger: oggetti divertenti per gli usi più disparati. A 20 anni vendeva ombrelli usati nei mercatini a Copenhagen. A 36 ha fondato il suo primo negozio. Due anni fa Lennart ha venduto il 70% di Tiger a un gruppo di private equity, guadagnando (pare) 134 milioni di euro. Una cifra che, oggi più che mai, gli permette di divertirsi come solo lui sa fare e di godersi quei quattro figli ai quali, per sua stessa ammissione, deve gran parte del suo successo come imprenditore

Ma ancora guida l’azienda. Il mio segreto? «Osservo, viaggio, guardo i giovani: così posso innovare». Lennart Lajboshitz Si è fatto da solo, senza aver frequentato né università né business school, senza alcuna formazione in gestione o finanza. La sua scuola è stata la strada e l’esperienza che ha accumulato nella vita. «Il periodo più formativo della mia vita è stata la mia infanzia» ha raccontato. «Quando ero piccolo, ciò che si insegnava ai bambini in Danimarca era di avere fiducia in se stessi. In famiglia la sera ci sedevamo intorno a un tavolo per parlare del mondo: i miei genitori mi incoraggiavano a fare domande e a prendere seriamente i miei punti di vista».

Quasi ogni mattina Lennart Lajboschitz esce dalla sua bella casa nel quartiere di Hellerup, a nord di Copenaghen, e pensa che su 10 cose che ha in programma di fare, magari 8 andranno male ma 2 possono filare per il verso giusto. E questo basterà a renderlo felice. È con questo spirito che negli ultimi quattro anni ha comprato un’etichetta musicale, scritto un libro con Yoko Ono “per rendere l’arte più accessibile a tutti” e organizzato una partita di ping pong tra europei e cinesi in una chiesa di sua proprietà, con la speranza di farne un luogo di aggregazione per la città. Ed è sempre con questo spirito, e con una buona dosa di fortuna, che è riuscito a trasformare un negozio di oggettistica qualunque in un impero che si estende dagli Stati Uniti al Giappone: Tiger, oggi Flying Tiger Copenahgen.

“Viaggio, ascolto e osservo molto”, ha dichiarato. “Per il resto, sono solo un dilettante che ha avuto molta fortuna nella vita”. Lajboschitz vuole personalizzare la sua merce. Inizia a disegnare un paio di baffi su una tazza bianca, crea una gomma da cancellare a forma di orso, colora una calcolatrice. E non alza i prezzi. Da nessun’altra parte, a Copenaghen, si trova qualcosa di simile. Lajboschitz riesce così, non solo a battere la concorrenza, ma anche a differenziarsi, creando qualcosa di unico. E i risultati si vedono subito. I margini di profitto risultano duplicati e i negozi sempre pieni.

Oggi il Regno Unito è, insieme all’Italia, uno dei mercati principali del gruppo che è presente in 26 Paesi con più di 800 punti vendita. E il settore non sembra conoscere crisi. L’azienda è cresciuta del 35% ogni anno almeno fino al 2014 e dichiara un fatturato di 670 milioni di euro. Dà lavoro a migliaia di persone, soprattutto designer, e lancia 300 nuovi prodotti esclusivi ogni settimana. Secondo alcune stime, ogni minuto un nuovo cliente entra nel negozio e solo di rado esce senza aver comprato niente.

Un altro motivo per cui la gente va pazza per Tiger è il prezzo degli articoli che l’azienda è riuscita a contenere spostando i due terzi della produzione in Cina. A parte qualche rara eccezione, è infatti possibile acquistare diversi prodotti, anche di buona qualità e con la garanzia Ue, a meno di 15 euroTiger significa tigre, ma non c’è nulla di aggressivo nel modello di business di questo gruppo, se non il fatto di essere riuscito a fare presa nei mercati più differenti, dalla Danimarca – dove è nato – alla Spagna, dagli Usa al Giappone.  Dieci, il prezzo fisso di partenza di ogni oggetto che trovi nei negozi. Dieci corone sono al cambio attuale poco più di 1 euro.

E’ il cuore delle strategie di gruppo, il tutto a “un dollaro” ma declinato alla danese, con il design che plasma e trasforma il più piccolo degli oggetti in un complemento d’arredo anche per la scuola e l’ufficio: dalle mollette per stendere all’innaffiatoio, dalla spillatrice in legno al portaspazzolino, dalla lampadina al neon al portapenne. Dal primo Giugno 2016 Tiger ha cambiato nome e logo per riflettere l’evoluzione dell’azienda. Il nuovo nome “Flying Tiger Copenhagen”, rappresenta il desiderio del brand di sorprendere i propri clienti. “Con le lettere tagliate a mano, il design giocoso e gli occhi suadenti del nuovo logo crediamo di esprimere al meglio la nostra identità”, spiega Tina Shwarz, Global Brand Director. Possiamo dire che Tiger abbia fatto di ciò la propria mission, confermandosi nell’immaginario collettivo internazionale come un brand che riesce a parlare alla gente e riesce comprenderne gusti 

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