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Rinunciare ai social media, la scelta dell’azienda inglese J D Wetherspoon

Rinunciare ai social media, la scelta dell’azienda inglese J D Wetherspoon

Viviamo in piena digital transformation, le nuove tecnologie hanno influenzato le nostre vite in modi che neanche riusciamo a comprendere fino in fondo. In particolare l’uso dei social media ha completamente stravolto la quotidianità, sia pubblica che privata.

Dati ufficiali riportano che ben il 42% della popolazione mondiale utilizza i social (si tratta di 3 miliardi di utenti) pari a circa il 79% degli utenti globali di internet.

Aprire una pagina Facebook è diventata la prassi, che si tratti di un profilo personale, di una pagina creata da una piccola attività per essere sponsorizzata o da una grande multinazionale per ottenere follower e aggiornare gli utenti tramite news e nuovi lanci promozionali.

Ma social & co sono veramente così efficaci a livello di marketing? O costituiscono piuttosto una grande infatuazione di massa?

Il caso della J D Wetherspoon

Il caso riportato dal Sole24ore tramite un post di Roberto Fedi prende in considerazione un caso specifico, diventa una case history del genere: quello dell’azienda inglese J D Wetherspoon plc.

L’azienda gestisce una catena di pub nel Regno unito molto popolare e affermata. I canali social contavano 100mila follower su Facebook, 44mila su Twitter e ben 6mila su Instagram. Niente male, tant’è che l’azienda si promuoveva tramite un sito, un’app e una rivista cartacea.

Lo scorso aprile ha dichiarato ufficialmente che avrebbe abbandonato tutti i canali social, una decisione presa negativamente da tutta la stampa del settore.

Perchè?

La J D Wetherspoon si è giustificata affermando 3 motivi: la pubblicità negativa, contraria ai media sociali; gli abusi dei dati personali e la capacità di indurre dipendenza da parte dei social e la prevista assenza di effetti negativi sul proprio business.

Insomma, una decisione presa contro le tendenza attuali, ma a quanto pare estremamente giustificata.

Sono attaccate la sicurezza, la dipendenza ai social e la mancanza di effettivi risultati economici, non pervenuti secondo le previsioni.

Tim Martin, fondatore e presidente della società ha infatti dichiarato che: “Andiamo contro la convinzione comune, secondo la quale queste piattaforme sarebbero una componente vitale per un’impresa di successo. Non credo che chiudere questi canali inciderà in alcun modo sul nostro business, e questa è la convinzione prevalente dei nostri gestori di pub”. Le affermazioni sono chiare e decise.

La strategia di comunicazione e gli effettivi vantaggi economici

Si tratta di un’azienda di successo, già affermata e in continua crescita. Forse il target di riferimento non è quello che si avvale dei social media? Resta un caso più unico che raro, oggigiorno, dove si pensa e si pianifica soprattutto una promozione online. Anche il responsabile della comunicazione Eddie Gershon, si è dichiarato d’accordo, citando l’importanza maggiore di una buona testata anziché un commento su un social ( “Datemi un articolo di 200 parole su The Sun o The Times, invece di un tweet”9.

Sembra che faccia tutto parte del contesto, o almeno della tradizione: i pub fanno parte della storia della comunità inglese. Incontrarsi al pub dopo il lavoro significa rilassarsi, chiacchierare, bere buona birra in buona compagnia, cosa molto differente dallo stare sul divano a chettare su messenger. E i soldi, l’azienda li ha fatti veramente, altro che mondo digitale!

I social media inoltre propongono mode, stili e il seguito dei personaggi preferiti, non certo aziende o prodotti specifici!

Questo è un primo passo in controtendenza, l’esempio che non tutto passa dai social e che le strategie di business dovrebbero sempre tener conto del target di riferimento, del prodotto, del mercato e degli obiettivi. E di quanto rappresenti effettivamente un valore aggiunto.