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Perché aprire uno shop online in Cina non è la stessa cosa che aprirlo a Parigi

Perché aprire uno shop online in Cina non è la stessa cosa che aprirlo a Parigi

Parlare di Cina e del suo mercato può risultare appassionante quanto noioso. La fiaba di un mercato florido e ricco di opportunità è stata raccontata già troppe volte e quando decidi di dedicare un’intera giornata al gigante asiatico e alle opportunità che offre a livello aziendale le aspettative sono alte. YAM112013, communication company parte del Gruppo Endemol Shine, insieme alla collaborazione con The George, agenzia internazionale di marketing, comunicazione e advertising e Chiomenti, studio legale con una forte vocazione internazionale, ha raccolto la sfida e lo scorso 29 giugno ha presentato, all’interno della splendida cornice del Palazzo dei Giureconsulti di Milano, KAIHUA – Seeding your brand in China, evento dedicato alle aziende italiane del mondo Food, Fashion e Design interessate a espandere la propria rete commerciale in Cina.
«L’idea dell’evento nasce da una nostra pratica quotidiana: aiutare i brand italiani a fare il loro ingresso su mercati internzazionali», ha spiegato Laura Corbetta, ceo & founder di YAM112003 che insieme a Kim Berger, founder di The George e Gilberto Nava, socio responsabile TMT di Chiomenti ha introdotto ai presenti le tematiche della giornata. «Seguiamo molti brand che operano in diverse parti del mondo come San Pellegrino, Baci Perugina, Giovanni Rana o Luxottica e fuori dall’Italia lavoriamo anche in Nord America, in Sud America e nel resto d’Europa – ha continuato Corbetta -. Arrivati in Cina però abbiamo subito capito di avere a che fare con qualcosa di totalmente diverso: è diversa la cultura, è diversa la lingua ma soprattutto sono diverse le piattaforme, i canali dove i cinesi fanno shopping o dove passano il loro tempo libero.»

Cina: un mercato in evoluzione

Sono circa 731 milioni i cinesi che regolarmente accedono a internet e che fanno della Cina il Paese con il più alto numero di utenti web al mondo. L’utilizzo del digitale nel Paese della grande muraglia è altissimo (circa un cinese su due) e in particolare del mobile che ha una penetrazione del 52,3% della popolazione totale e del 92% di quella digitale. Numeri che fanno della Cina il mondo ideale dove investire i propri capitali, tuttavia, le apparenze non devono trarre in inganno e lasciar pensare che tutto sia così semplice: «Occorre una maggiore conoscenza delle dinamiche settoriali e locali in vista dell’ingresso nel mercato per riuscire a fronteggiare l’aumento dei costi, la scarsità di risorse umane e il protezionismo», spiega Alberto Rossi, responsabile marketing e analista del CeSIF (Centro Studi per l’Impresa Fondazione Italia Cina).
Chi è intenzionato a confrontarsi con il mercato cinese deve essere a conoscenza di due dinamiche principali: la costante crescita dei consumi trainata dall’urbanizzazione che apre opportunità di retail sia in settori a basso costo sia in comparti del lusso — a patto però di calibrare bene le modalità di accesso al mercato, di posizionamento e di distribuzione; la crescita del livello tecnologico della produzione industriale cinese, una circostanza che richiederà nel breve periodo competenze e conoscenze e che aprirà importanti nicchie in diversi settori. La Cina, attualmente, conta più di 467 milioni di acquirenti online che nel 2020 aumenteranno di altri 200 milioni, senza contare che più dell’80% di tutte le transazioni ecommerce avvengono attraverso piattaforme diverse da quelle tradizionali europee, ovvero tramite Weibo e WeChat che vantano rispettivamente 10 milioni di account ufficiali.
Cina«Il fatto che i consumatori passino così tanto tempo online permette alle aziende di analizzare abbastanza facilmente gli assessment iniziali con cui capire, prima ancora di essere operativi, se per il proprio brand esiste o meno un mercato in Cina o se ci sono delle nicchie su cui andare a presidiare, e quindi valutare le potenzialità dell’azienda», ha sottolineato la fondatrice di YAM. «Una volta capito se esiste un mercato reale per l’azienda e poi fondamentale individuare un abilitatore locale che permetta di regolare gli aspetti normativi e aiuti a comprendere le differenti dinamiche culturali e sociali della popolazione cinese.»

Il futuro in mano ai millennials

Oltre a conoscere il mercato bisogna conoscere anche i futuri clienti. Non è una novità parlare di millennials ma nel mercato cinese i numeri sono leggermente diversi rispetto a quelli europei. Sono oltre 200 milioni i millennials cinesi, di cui il 70% di essi possiede una casa di proprietà. Il dato evidenzia una forte emancipazione e un ampio potere di spesa di questa generazione che permette ai millenials di esprimersi attraverso moda, musica e arte dando vita a innumerevoli subculture con abitudini, preferenze e obiettivi differenti. Tutte caratteristiche che un brand deve conoscere nel dettaglio per poter raggiungere e affascinare i giovani cinesi. Altra caratteristica che contraddistingue i millenials cinesi e la forte fiducia che questi ripongono nei confronti del brand: il 65% di loro ha totale fiducia nei confronti dei brand; il 36,9% pensa che i brand pubblicizzati siano più affidabili; il 59,4% dichiara di rimanere fedele al brand per lungo tempo; il 65% pensa che un brand rinomato possa accrescere la loro immagine.
Secondo Agnes Durr, international marketing manager di Baci Perugina, la parola chiave per posizionare con successo il proprio brand in Cina è “differenza”: target, canali di vendita, logiche di branding, modo di lavorare e cultura sono diversi. Il consiglio è accompagnare il brand con un nome cinese sia per motivi legali, sia per facilitare la ricerca sui social e sulle piattaforme ecommerce e per spiegare il significato del brand stesso. Tre i suggerimenti: lanciare il prodotto e perfezionare la strategia in corsa; trovare il giusto partner locale; approfondire e conoscere le differenze per adottare le giuste strategie.

Prospettive e possibilità per il Made in Italy

Mattia Mor, executive director Europe di Mei.com/Alibaba Group, ha spiegato come Cina e digitale siano l’opportunità più grande per le aziende italiane. Dopo decenni di globalizzazione che ha comportato più costi che benefici per l’Italia, la sempre maggiore richiesta del Made in Italy da parte del Paese più grande al mondo, l’attenzione alla cura, ai dettagli, alla qualità dei consumatori cinesi, permette oggi una richiesta molto elevata dei nostri prodotti. Il digitale è il mezzo più veloce per esportare questi prodotti e renderli accessibili in maniera capillare su un territorio così vasto.
L’evento si è concluso con la tavola rotonda The road to your brand success” moderata da Carla Cico, founder e senior advisor di Arneb Partners e membro del CdA di Easternational, in cui sono stati affrontati insieme a David Doninotti, segretario generale Aice, Giulio Finzi, segretario generale Netcomm, Sara Marchetta, partner Chiomenti e Andrea Bucalossi, ad Mr&Mrs Italy i temi della local competition, della contraffazione, e della sfida fra retail tradizionale e digital retail.