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Upgrade Mobile Summit «La quota di investimenti adv non è proporzionale all’uso dei device mobile»

Upgrade Mobile Summit «La quota di investimenti adv non è proporzionale all’uso dei device mobile»
A cura di Francesco Lattanzio

Lo smartphone è uno strumento semplice e intuitivo, che ha rivoluzionato la quotidianità delle persone nel momento in cui ha fatto la prima apparizione nelle loro mani. Meno intuitivo però è il suo utilizzo ai fini di marketing. In realtà la conoscenza del mezzo è molto alta tra gli attori della filiera pubblicitaria, e la sua diffusione tra la popolazione italiana è vasta, proprio come i contesti e la frequenza di utilizzo. «La quota di investimenti adv non è proporzionale all’utilizzo dei device», spiega però Christina Lundari, general manager di Oath Italia, sul palco dell’Upgrade Mobile Summit, che ha avuto luogo giovedì scorso a Milano.
La manifestazione, alla sua seconda edizione, ha presentato una panoramica sul mondo mobile, a cui hanno partecipato 450 attori della industry, capaci di produrre 3.500 tweet, che hanno portato l’evento al nono posto tra i Trend Topic italiani della piattaforma. I dati sono stati uno degli argomenti più caldi, per tracciare la situazione italiana e per arrivare a capire come agire sul mercato, ma anche per avere un dialogo con player che fanno dell’assenza di dati il loro punto di forza.

La situazione del mercato mobile italiano

Secondo i dati che Domenico Susca, web marketing consultant di Sensemakers (che rappresenta comScore in Italia), ha presentato all’Upgrade Mobile Summit, la total digital population (38,3 milioni di persone) cresce del 4% nel 2017, spinta dalla mobile audience (30,1 milioni, +17%). Il desktop inizia a mostrare alcune falle, perdendo utenza sia sul numero generale degli utilizzatori (-1%), sia tra i desktop-only (8,2 milioni, -25% rispetto al 2016), dimostrando una penetrazione sempre più diffusa del mezzo mobile. Ad accedere solo da smartphone e tablet sono 10,4 milioni di italiani (+24%), ma «questo sorpasso portato dall’utenza mobile-only alla desktop-only non è un effetto di sostituzione, perché a crescere sono anche gli utenti multiplatform», commenta Susca. Chi usava solo desktop, gli ha affiancato uno smartphone, mentre i “millennials” del computer non sentono nemmeno il bisogno. L’utenza mobile-only italiana, in percentuale sulla digital population, rappresenta una porzione tra le più alte a livello internazionale, sopra addirittura a quella degli USA. «Questi utenti non sono raggiungibili in nessun altro modo, se non con il mobile advertising», continua.
Per la fruizione dei contenuti sportivi o relativi al lifestyle, gli utenti dimostrano di preferire il mobile-only, il cui traffico rappresenta oltre la metà del totale. Per l’accesso ai social media e ai contenuti di entertainment invece si utilizzano tutti i mezzi a disposizione. In ogni caso, «il traffico mobile-only sta guadagnando terreno in tutti i verticali», spiega ancora Susca.
Per quanto riguarda i formati, invece, il video sta vivendo un vero e proprio boom, con un mercato che raggiungerà i 700 milioni di investimenti nel 2017 grazie a una crescita tra il 35 e il 40%. All’interno del comparto, il mobile ne rappresenta il 38%, segnando un valore più alto del 50-60% rispetto allo scorso anno. La risorsa per questa impennata sono ancora una volta i giovani, sia nel conto complessivo sia per quanto riguarda gli heavy viewer. I consumatori che si definiscono “heavy viewer” – che fruiscono questo tipo di contenuti quasi ogni giorno – sono il 52% in più (5,5 milioni) rispetto allo scorso anno, e sono i più sensibili all’advertising, nonché i più inclini a interagirci.
Tra i segmenti più visitati da mobile c’è il retail, con l’acquisto di beni e servizi che è l’attività che cresce di più (+32%) e allo stesso tempo quella più diffusa. Il 32% della smartphone audience italiana ha fatto un acquisto da mobile, una media più alta che in Spagna, Germania e Francia. Inoltre, il 69% del tempo speso online, viene passato su mobile, ma solo il 20% della spesa in ecommerce viene effettuata sul device. I principali fattori frenanti sono la sicurezza (20%) e una scarsa user experience (19%).
Il panorama della media consumption, dunque, si sta inclinando sempre più verso il mobile. Ma gli investimenti pubblicitari vanno di pari passo? Le aziende stanno sfruttando questa chanche? Esistono supporti per l’acquisto o la valutazione dei media?

Oath: gli strumenti per un mobile marketing efficace

«La comunicazione su mobile ha ancora grandi margini di utilizzo e di crescita, visti i mezzi a disposizione». È questa la visione del segmento di Christina Lundari, general manager di Oath. Nonostante i 10 milioni di utenti mobile only italiani, però, «la quota di investimenti adv non è proporzionale all’utilizzo dei device», continua Lundari.
Una strana reticenza, se si pensa che nel 2017 il 16% degli italiani passa sullo smartphone oltre 6 ore al giorni, il 21% lo usa ogni 5 minuti e il 60% ogni mezz’ora (dati IAB Italia). Una ricerca di Ericsson, poi, prevede che il 50% dei video on demand sarà fruito da smartphone entro il 2020, e per eMarketer l’Italia è la prima country europea per consumo di filmati da mobile.
Come raggiungerli con efficacia? «VR,AR, video a 360° e i live sono ancora considerati elementi straordinari, in fase di test, ma rimane l’idea di fare adv su smartphone. Vale la pena? Sì, e la chiave per farlo è la creatività. Se manca la volontà di creare adv specificamente per il mezzo allora non si raggiungerà un’efficacia soddisfacente. Realizzare inserzioni creative, in realtà, non ha un costo eccessivo. È importante essere immersivi e non intrusivi, e utilizzare modelli creativi altamente impattanti e pensati per il mezzo», dichiara Lundari.
Native e influencer marketing possono rappresentare tasselli importanti per un branded storytelling. Il video native per esempio, permette di raccontare storie in contesti in cui l’utente ha un alto livello di attenzione, e i social abilitano il passaparola digitale, necessario a far girare il brand tra gli utenti. Anche il contesto gioca un ruolo fondamentale, sia in fatto di brand safety, sia per affinità tra prodotto e contenuto. Non si può prescindere poi dai dati, e quelli raccolti dal mobile permettono di creare profili molto definiti che col supporto dell’AI consentono una delivery precisa e ottimizzata.

Qwant: il motore di ricerca che tutela gli utenti non salvandone i dati

In un mercato che gira attorno al dato, c’è chi invece ha abbracciato un’altra prospettiva. Qwant è un motore di ricerca francese che vuole «tutelare la vita privata dei suoi utenti», spiega il country manager Fabiano Lazzarini. I motori di ricerca provano a intuire chi siamo e a cosa siamo interessati, raccolgono montagne di dati e ci offrono risultati basati sulle nostre aspettative e su quello che gli interessa mostrarci.
«Il vantaggio di Qwant è che, non profilando gli utenti, offre risposte imparziali, mentre in un motore di ricerca normale ci si ritrova in una filter bubble in cui vengono proposte offerte compiacenti», dice ancora Lazzarini. Inoltre, il motore di ricerca francese, che comanda già il 4% del mercato transalpino, promette di mettere l’utente nella condizione di scoprire nuove cose. Una di queste è l’oscillazione dei prezzi a seconda dell’interesse mostrato dall’utente: «I prezzi degli alberghi e dei voli, in alcuni casi, sono soggetti a modifiche sui motori di ricerca. Qwant, non salvando i dati sul comportamento e sulle pagine frequentate, permette l’accesso ai prezzi normali», continua. La SERP a tre colonne offre poi un modo per tenere d’occhio contemporaneamente i risultati organici, la sezione notizie e i social network.
Il modello di business è advertising based, «offriamo pubblicità servendola semplicemente sulla base della ricerca fatta dall’utente. Il nostro obiettivo è raggiungere il 5% del mercato europeo entro il 2020», conclude Lazzarini.